giovedì 24 aprile 2008

22 aprile - Il profumo... dell'amore

Prerequisito di quest'incontro è aver visto il film "Il profumo" (o anche aver letto il libro)... Infatti, iniziamo una discussione partendo da 3 domande:
  • cosa ti ha colpito del film?
  • che idea o che aspetti della corporeità vengono fuori?
  • che tipo di amore emerge dal film?
Vediamo di fare un carrellata di quello che è stato detto...
Tra le scene che hanno colpito maggiormente, la scena della nascita di Jean-Baptiste Grenouille, la scena in cui da bambino gli tirano una mela, o anche il fatto che seminava una scia di morte dietro di sé, sia come iettatore che come assassino!
La sua vita ci è sembrata basata sulla ricerca di sensazioni, attraverso l'olfatto, al di fuori di ogni ragione o morale. Questo ci è sembrato una relativizzazione del bene e del male, qualcuno ha parlato anche del protagonista come esteta. Certo è che Grenouille era ossessionato dalle sensazioni olfattive. Tuttavia, questo personaggio non ci suscita odio o orrore, anzi (e nemmeno fossimo inebriati dal miracoloso profumo che ha inventato!) Grenouille ci fa pena, il suo essere diverso, senza odore, è come essere invisibile agli occhi della gente, e la sua storia si risolve nella nullificazione del suo io.
E che dire dell'amore? Grenouille non riceve amore da nessuno, lo può solo immaginare, pensando a come potrebbe essere stato se la ragazza delle prugne lo avesse baciato... ma poi eccola che riappare nell'immobilità della morte... No, nessuno può amare Grenouille, per lui non c'è posto nella società. Non ha più senso neanche il profumo che ha creato, e con cui potrebbe soggiogare il mondo: sarebbe solo un'illusione. Per questo, decide che non gli rimane altro che la morte.
Rileggiamo allora la scena della sua morte, quel fianale così inaspettato. E mettiamolo a confronto con il racconto evangelico dell'Ultima Cena:

Matteo 26,26-29

26 Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo». 27 Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, 28 perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. 29 Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio».


Qualcuno potrebbe dire che si tratta di un accostamento quantomeno inopportuno, per non dire blasfemo. D'altra parte, i cristiani sono stati spesso accusati di cannibalismo, perché "mangiavano" il corpo del loro Dio. Anche oggi ci sono persone malate, psichiatricamente parlando, che desiderano il corpo delle persone dal punto di vista "alimentare", perché attraverso il cannibalismo arrivano al massimo possesso della persona amata, vale a dire dentro di sé. E parallelamente anche persone che vogliono farsi amare a tal punto di farsi mangiare. Ovviamente tutto questo è un reato, un delitto efferato, perché una persona deve perdere la vita, quantunque consenziente. Leggi al riguardo la storia vera del cannibale di Rotenburg, una storia molto recente (ma solo se hai lo stomaco adatto!).
Ma torniamo a Grenouille e a Gesù. La differenza fondamentale è che Grenouille si è voluto far amare in modo estremo, ha dato il proprio corpo in pasto a quel gruppo di gentaglia solo per sentirsi amato lui. Scrive alla fine Süskind che quello era l'unico gesto di amore che essi avessero compiuto. Ma in quelle persone, l'amore non era però vero, perché l'amore non toglie mai la vita della persona amata, l'amore è dono, non sopraffazione.
Il gesto di Gesù, invece, è di spezzare il proprio corpo per amore: è lui che dà, e non per trarne profitto, bensì per salvare l'umanità. Noi siamo quelli che riceviamo, e ricevere il suo corpo e continuare a farne memoria - rivivendolo ogni volta che riceviamo l'Eucaristia - serve per far sì che il suo gesto di amore sia veramente per tutti. "Fare la comunione" significa ricevere Cristo dentro di noi e questa presenza ricevuta collettivamente ci rende unità. Ricordiamo, a scanso di equivoci, che il pane e il vino consacrati non sono meri simboli ma diventano davvero la carne e il sangue di Cristo, unico dono che ci rende liberi dalla schiavitù dell'egoismo e della morte.

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